GDPR, il diritto di commentare

  •  Il diritto di commentare gli articoli pubblicati su Internet, insieme ai diritti e doveri del GDPR, dovrebbe essere riconosciuto come un obbligo di legge per ragioni di pari opportunità. del
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Articolo 21 Costituzione italianaIl diritto di commentare gli articoli che vengono pubblicati su varie piattaforme Internet nei vari siti, blog, social network, ecc., da vari autori, giornalisti, blogger, ecc. secondo me, dovrebbe essere garantito e riconosciuto obbligatoriamente per legge. Si tratta di riconoscere il diritto alla libertà di espressione e di pensiero non  soltanto nei confronti di chi scrive l'articolo o il post, ma anche e soprattutto nei confronti di chi legge l'articolo e la può pensare diversamente da chi scrive.

Non si tratta di riconoscere il diritto all'insulto, ma di riconoscere il diritto di critica.

Mi capita di leggere articoli anche su siti istituzionali, giornali online, siti tecnici, ecc. che non offrono la possibilità di commentare e di replicare a quello che l'autore dell'articolo scrive. Non lo trovo giusto e tanto meno corretto. Se tu scrivi un articolo e lo pubblichi, io lettore voglio poter avere la possibilità o meglio il diritto di replicare o criticare quello che tu scrivi, anche solo per dire, "bello, condivido" oppure "non condivido".

Questa possibilità spesso viene lasciata alla discrezionalità di chi scrive, dal titolare del sito web o del blog, discrezionalità di abilitare o meno i commenti. Secondo me, invece i commenti dovrebbero essere sempre abilitati, per obbligo di legge, su qualunque articolo viene pubblicato. Si tratta di garantire un tuo diritto, il diritto di replica, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Se tu pubblicamente dici qualcosa, io voglio poter avere il diritto di replica su quello che dici pubblicamente. E' questione di pari opportunità, di democrazia.

Come il Parlamento europeo, giustamente, ha saputo emanare il GDPR che obbliga a prendere certi provvedimenti per la tutela dei dati personali delle persone, così il Parlamento europeo, dal momento che c'è, potrebbe emanare un regolamento che riconosca il diritto di replica per tutti, obbligando a riconoscere la possibilità di commento per ogni articolo che viene pubblicato su Internet. La tecnologia (GDPR permettendo) offre questa possibilità in modo semplice, immediato ed economico. Non vedo perché non approfittarne. Qualcuno teme o ha paura del dissenso? Il dissenso spaventa il potere?

Certamente, il dissenso non è mai gradito al potere, a chi comanda e quindi cerca di evitarlo, di impedirlo, di ostacolarlo. Il consenso, di per sé, non dà fastidio. Chi è d'accordo con quanto pubblicato, di solito, non perde tempo a scrivere un commento per dirti "bravo, condivido". E' chi non è d'accordo che di solito si prende la briga di commentare, a volte anche insultare, quanto scritto e chi l'ha scritto.  E' il dissenso, la critica, il commento, la libera espressione, a dare fastidio, a infastidire il manovratore. Di conseguenza il potere cerca in tutti i modi di ostacolare il dissenso in maniera più o meno diretta o indiretta.

Il GDPR, secondo me, è anche una forma indiretta di ostacolo al diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Perché?

Perché per offrire al visitatore navigante la possibilità di commentare un articolo e quindi di manifestare liberamente il proprio pensiero su un sito web e sui suoi contenuti, secondo l'art. 21 della Costituzione italiana, occorre raccogliere un minimo di dati personali su chi si accinge a commentare, se si vuole dare un minimo di serietà all'autore del commento ed evitare lo spam, l'abuso, il trolling. Questi dati, ai sensi del GDPR, giustamente vanno raccolti con il consenso, finalizzati e protetti. Questa attività con tutto ciò che ne consegue in termini di diritti, doveri, informative, sanzioni, responsabilità, ecc. imposte dal GDPR,  può essere un serio ostacolo che può disincentivare l'abilitazione dei commenti da parte di chi gestisce blog, forum, chat, e piattaforme di social network in generale. Del resto, chi te lo fa fare di rischiare sanzioni e condanne penali per dare il diritto alla libera espressione?

Ad esempio, perché il nuovo blog di Beppe Grillo non offre più la possibilità di commentare gli articoli? Forse sarà una scelta, legittima, da parte del titolare del blog, ma che io non condivido, conoscendo l'influenza politica e sociale del personaggio Beppe Grillo, mi sarei aspettato la possibilità di commentare gli articoli sempre molto interessanti che vengono pubblicati sul blog. Che ci sia di mezzo il GDPR e lo spauracchio delle sanzioni? Lo potrei capire e per questo motivo condannerei il GDPR.

Così, testate autorevoli come AgendaDigitale.eu, tanto per fare un esempio tra tanti, offrono la possibilità di leggere articoli interessanti, scritti da autorevoli autori come Roberto Scano, Vera Gheno, Franco Pizzetti, ma chiusi ai commenti, alla replica, almeno io non ho capito come si possano commentare gli articoli su Agenda Digitale.  Perché? Che senso ha la comunicazione unidirezionale, se poi non c'è un feedback, uno scambio di opinioni tra autori e lettori?